PRESENTI SPOILER
Piccola premessa.
Lars von Trier è considerato da diverse persone solamente un artista morboso, che si compiace delle brutture fini a se stesse che concepisce la sua mente mal psicanalizzata. Lui probabilmente se la ride di tutte le critiche - anche perché non ha mai fatto nulla per farsele mancare - ma secondo me ne riderebbe per dissimulare un po' di dispiacere. Io credo sia uno dei più grandi registi viventi e, anche se a volte quando parla sa essere imbarazzante, da trent'anni a questa parte non molti possono vantare una filmografia interessante come la sua. Insomma le critiche sono legittime, ma io non sono d'accordo con chi giudica male il suo cinema. Per me Lars ha sempre sofferto e condannato, in modo artistico, simbolico e provocatorio, le ingiustizie di cui il mondo è contenitore, un mondo corrotto alla radice dove i più deboli e indifesi vengono maciullati dagli ingranaggi di un meccanismo sanguinario, un mondo in cui il Silenzio acquisisce un significato altrettanto simbolico, non di pace ma di ignoranza, di indifferenza.
(scena tratta da Dancer in the Dark)
E' questo silenzio
(assordante, ad esempio per Selma di Dancer in the Dark) che per la Donna di
Antichrist diventerà - in un flashback di rara potenza suggestiva - "il
pianto di tutte le cose che sono destinate a morire", alterando la sua
percezione del mondo e rivelando così la natura "satanica" di ogni
cosa terrena. Ecco allora che in Antichrist la vita abortisce se stessa, come
la cerbiatta che partorisce un cucciolo morto, come l'uccellino che cade dal
nido e viene divorato dalle formiche, come il bambino che precipita a
rallentatore dalla finestra lasciando al cuore del mondo la sua eredità di
morte, di lutto, dolore e disperazione. O come un corpo celeste che distrugge
il pianeta in cui tutto ciò avvenne, quasi che il vissuto, il presente e il
futuro non contassero oramai più niente, o come se non avessero mai contato
veramente qualcosa di coerente prima d'allora. "Dove crescerà Leo?"
si domanda Claire in Melancholia, dove crescerebbe suo figlio se il gigantesco
pianeta azzurro polverizzasse la Terra? Justine le può rispondere solo che
"la vita sulla Terra è cattiva", e in fondo, forse la sua piccola
dipartita simboleggia la morte di ognuno di noi, poiché la fine prematura di
una vita e della sua precaria esperienza sensoriale vanifica il senso di
qualsiasi altra esperienza sensoriale di qualsiasi altra esistenza, essendo noi
tutti uguali e ugualmente insignificanti.
Ma potrebbe esserci ancora una
speranza nell'attesa che l'inevitabile si compia: e dunque eccoli lì, Justine,
Claire e il piccolo Leo tenersi per mano mentre Melancholia sembra incombere
sia sulla Grotta Magica che nelle sale cinematografiche di dieci anni or sono,
due luoghi che forse per Lars sono la stessa identica cosa. Può darsi che
l'arte non abbia salvato Lars dalla sua malattia, né mai lo salverà. Ma è
possibile regalare quest'emozione a qualcun altro, come quando nelle sale si
riaccendono le luci e mentre molti tornano alle loro vite di sempre, altri
restano lì ancora un po', impietriti e annichiliti dal pianeta
Melancholia, da quello stato d'animo che disintegra il nostro mondo, da
quell'apocalisse che avviene dentro di noi. Ecco il cinema che atterrisce e ci
scuote l'anima. Ecco come il pessimismo di Lars, otto anni dopo aver abbattuto
i muri che nascondevano gli uni dagli altri gli abitanti di una piccola
cittadina, ora arrivi ad abbracciare il mondo intero, facendo crollare questo
immenso palcoscenico circondato dalle tenebre di cui "nessuno sentirà la
mancanza".
:)
Nessun commento:
Posta un commento