martedì 9 aprile 2024

RECENSIONE: Melancholia (2011) di Lars Von Trier

 

PRESENTI SPOILER

Piccola premessa.

Lars von Trier è considerato da diverse persone solamente un artista morboso, che si compiace delle brutture fini a se stesse che concepisce la sua mente mal psicanalizzata. Lui probabilmente se la ride di tutte le critiche - anche perché non ha mai fatto nulla per farsele mancare - ma secondo me ne riderebbe per dissimulare un po' di dispiacere. Io credo sia uno dei più grandi registi viventi e, anche se a volte quando parla sa essere imbarazzante, da trent'anni a questa parte non molti possono vantare una filmografia interessante come la sua. Insomma le critiche sono legittime, ma io non sono d'accordo con chi giudica male il suo cinema. Per me Lars ha sempre sofferto e condannato, in modo artistico, simbolico e provocatorio, le ingiustizie di cui il mondo è contenitore, un mondo corrotto alla radice dove i più deboli e indifesi vengono maciullati dagli ingranaggi di un meccanismo sanguinario, un mondo in cui il Silenzio acquisisce un significato altrettanto simbolico, non di pace ma di ignoranza, di indifferenza.

(scena tratta da Dancer in the Dark)

E' questo silenzio (assordante, ad esempio per Selma di Dancer in the Dark) che per la Donna di Antichrist diventerà - in un flashback di rara potenza suggestiva - "il pianto di tutte le cose che sono destinate a morire", alterando la sua percezione del mondo e rivelando così la natura "satanica" di ogni cosa terrena. Ecco allora che in Antichrist la vita abortisce se stessa, come la cerbiatta che partorisce un cucciolo morto, come l'uccellino che cade dal nido e viene divorato dalle formiche, come il bambino che precipita a rallentatore dalla finestra lasciando al cuore del mondo la sua eredità di morte, di lutto, dolore e disperazione. O come un corpo celeste che distrugge il pianeta in cui tutto ciò avvenne, quasi che il vissuto, il presente e il futuro non contassero oramai più niente, o come se non avessero mai contato veramente qualcosa di coerente prima d'allora. "Dove crescerà Leo?" si domanda Claire in Melancholia, dove crescerebbe suo figlio se il gigantesco pianeta azzurro polverizzasse la Terra? Justine le può rispondere solo che "la vita sulla Terra è cattiva", e in fondo, forse la sua piccola dipartita simboleggia la morte di ognuno di noi, poiché la fine prematura di una vita e della sua precaria esperienza sensoriale vanifica il senso di qualsiasi altra esperienza sensoriale di qualsiasi altra esistenza, essendo noi tutti uguali e ugualmente insignificanti.

Ma potrebbe esserci ancora una speranza nell'attesa che l'inevitabile si compia: e dunque eccoli lì, Justine, Claire e il piccolo Leo tenersi per mano mentre Melancholia sembra incombere sia sulla Grotta Magica che nelle sale cinematografiche di dieci anni or sono, due luoghi che forse per Lars sono la stessa identica cosa. Può darsi che l'arte non abbia salvato Lars dalla sua malattia, né mai lo salverà. Ma è possibile regalare quest'emozione a qualcun altro, come quando nelle sale si riaccendono le luci e mentre molti tornano alle loro vite di sempre, altri restano lì ancora un po', impietriti e annichiliti dal pianeta Melancholia, da quello stato d'animo che disintegra il nostro mondo, da quell'apocalisse che avviene dentro di noi. Ecco il cinema che atterrisce e ci scuote l'anima. Ecco come il pessimismo di Lars, otto anni dopo aver abbattuto i muri che nascondevano gli uni dagli altri gli abitanti di una piccola cittadina, ora arrivi ad abbracciare il mondo intero, facendo crollare questo immenso palcoscenico circondato dalle tenebre di cui "nessuno sentirà la mancanza".

:)


Nessun commento:

Posta un commento

RECENSIONE MANGA: L'usuraio (Planet Manga) di Shohei Manabe

[SERIE IN CORSO] RECENSIONE NO SPOILER “…Quando gli agnelli si perdono sulla montagna, disse. Gridano. Qualche volta arriva la madre. Qualc...